19 gennaio 2011

Generazione "ameba"? - 1

Chi conosce il significato della parola “ameba”?
Se ti dicessi «Sei un’ameba!», saresti contento?


E’ così che il Censis definisce i giovani italiani del 2010. Amebe!

Il Censis è un prestigioso istituto di ricerca, che effettua indagini statistiche e sociologiche. Da 44 anni, redige un Rapporto annuale che descrive l’Italia, la sua popolazione, i mutamenti in atto.

Tra i contenuti dell’ultimo rapporto:
  • L’Italia ha sostanzialmente resistito alla fase più drammatica della crisi economica mondiale.
  • Ciò che impedisce il completo superamento della crisi non sono tanto l’ancora elevato tasso di disoccupazione o il basso tasso di crescita, quanto l’apatia e l’incapacità di “desiderare”.
  • Nella realtà italiana si riscontrano comportamenti e atteggiamenti spaesati, indifferenti, cinici, passivi, prigionieri delle influenze mediatiche, condannati al presente, senza profondità di memoria e di futuro.
  • A regolare i comportamenti sono sempre più spesso le pulsioni. Lo dimostrano gli episodi di bullismo gratuito, violenza in famiglia, tensione a facili godimenti sessuali, ricerca del divertimento come principale obiettivo di vita, ricambio continuo di oggetti.
  • I giovani appaiono sfiduciati e inerti. Gli obiettivi? Esteriori, materiali: l’ultimo modello di telefonino o auto, la bella vacanza, …
  • Caso estremo: oltre 2 milioni di italiani tra i 15 e i 34 anni non studiano, non lavorano e non cercano nemmeno un impiego. Non hanno la minima fiducia nel futuro. Come si realizzano? La disoccupazione giovanile in Italia nel 2010 sta crescendo del 5,9%, mentre in Europa diminuisce dello 0,9%.

Perché “amebe”? I ragazzi, “senza forma”, accettano passivamente un mondo già “pre-impostato”, tutto sommato gradevole, e sul quale comunque sentono di non avere alcuna possibilità di intervenire per modificarlo. Il detto “L’unione fa la forza” non sembra avere più molto senso: ognuno ricerca il proprio benessere, gli altri servono fino a quando gratificano le nostre esigenze di divertimento, l’importante tutto sommato è non avere fastidi. Gli interessi, i conflitti, diventano inerti. L’opinione di ciascuno diventa “verità”: ci sono tante verità quante opinioni... insomma, non c’è più una verità, un “bene” condiviso e da perseguire.

Il mondo dell’informazione e della cultura non aiutano: ciò che conta per i direttori, registi, intellettuali, è che i tg, i film, i programmi tv siano “attraenti”, non profondi. Non devono far pensare. La forma conta più della sostanza. Tutto ciò è funzionale all’audience, al pubblico, agli interessi degli inserzionisti pubblicitari o del mondo politico.
I giovani, in verità, cominciano a provare fastidio per certe cose: fuggono dalla tv, preferiscono internet. Ma il rischio è che si tratti sempre di una formazione culturale “fai da te”, priva di confronto e approfondimento.
Si sacrifica il valore della curiosità, del desiderio di sapere e di crescere.

Ma solo TORNARE A DESIDERARE, dice il Censis, può riattivare una società troppo appagata ed appiattita. Occorre coltivare una nuova passione per noi stessi, la famiglia, il Paese. Avere obiettivi. Non obiettivi materiali, ma dello spirito: che arricchiscano interiormente, che ci ridiano la forza per crescere e cambiare il mondo.

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